I Delfini della Luna
KATYA SANNA
I DELFINI DELLA LUNA
2002
INDICE
NO
I DELFINI
LA FORTUNA
LA RESA
L’ARRIVO
Racconti di Katya
Sanna
pubblicati nella primavera del 2002
una sorta di spin-off non ufficiale della trilogia Le Chant De L'Ange
nati per narrare ambientazioni e altri personaggi della trilogia
collegati in particolare al clan di Gabriel
ma diversamente dal romanzo e dalle due raccolta di racconti
le atmosfere de I Delfini della Luna appartengono ad uno stile più
poetico, suggestivo, visionario, che narrativo.
Ai quattro racconti presenti dovevano essere aggiunti altri racconti brevi
che narravano del personaggio di Andrè
(presente sia nel romanzo sia nel racconto I Dormienti)
ma che non furono mai pubblicati
una sorta di spin-off non ufficiale della trilogia Le Chant De L'Ange
nati per narrare ambientazioni e altri personaggi della trilogia
collegati in particolare al clan di Gabriel
ma diversamente dal romanzo e dalle due raccolta di racconti
le atmosfere de I Delfini della Luna appartengono ad uno stile più
poetico, suggestivo, visionario, che narrativo.
Ai quattro racconti presenti dovevano essere aggiunti altri racconti brevi
che narravano del personaggio di Andrè
(presente sia nel romanzo sia nel racconto I Dormienti)
ma che non furono mai pubblicati
IL DELFINO:
Animale semidivino
simboleggia:
rigenerazione e la
salvezza
protezione sincera
coraggio e lealtà
Principe vigilante e
clemente
NO
Eravamo tutti
sospesi,
appesi a fili
invisibili che ci facevano galleggiare supini nell’aria.
Dondolavamo
dondolavamo, cullati da qualcosa di gentile che però non permetteva
di rilassarci.
Intorno a noi il
silenzio
Oppure raffiche di
vento e grandine che laceravano la pelle.
Ma nessun taglio
era visibile.
Poi all’improvviso
tutti in piedi!
Sospesi con lo
sguardo verso il muro.
Quel muro dopo
pochi minuti si alzò come un sipario.
Vedevo il deserto,
sassoso, polveroso, rosso fuoco
e tanta gente che
correva strillando, forse spaventata.
Io non avevo
nessuna compassione per loro
Nessuna pietà.
Ero sola
di nuovo
come sempre.
Ero arida ed
insensibile
lontana
algida
spietata.
Quello che mi venne
riferito fu chiaro
tutto sembrava
ovvio e logico
nessun particolare
fuori posto
era tutto perfetto.
Ancora il vento
così forte che
quasi mi fece cadere.
Mi colpì alle
spalle
voleva che andassi
nel deserto?
No.
I DELFINI
Non sopportavo più
niente, né il silenzio né la musica.
La confusione
intorno a me era eccessiva.
Decisi di diventare
sorda.
Ero stufa di
ascoltare
Inoltre non avevo
più niente da dire.
Fu un attimo
La decisione
schioccata in meno di un secondo.
Partecipavo ad una
festa, un pranzo in campagna.
Una bella campagna
verde e fresca nei pressi di una scogliera
da cui si vedeva il
mare.
L’atmosfera era
gioiosa
Sembrava tutto a
posto
Ai miei amici
almeno...
Ma loro non
sapevano niente
D’altronde, come
avrebbero potuto?
Al momento del
brindisi ci alzammo in piedi
Alzammo i calici in
alto.
Tutti si sedettero
di nuovo
Tutti tranne io
Io rimasi in piedi
con il calice in mano.
Guardavo i miei
amici
Erano attoniti,
ammutoliti, mi guardavano stupiti e confusi.
Io li guardavo come
si guardano dei cuccioli ingenui.
Non mi piacque il
senso di distanza e di superiorità che provavo verso di loro
Fu un attimo
La decisione
schioccata in meno di un secondo
Lanciai il calice
sul tavolo e scappai via.
I miei amici mi
chiamarono, mi rincorsero
chiedendomi di
fermarmi, di tornare
Volevano capire.
Io correvo
velocemente.
Tutti desisterono,
alcuni tornarono indietro
Tranne uno, il più
paziente.
Mi rincorse fino a
raggiungermi
Mi abbracciò
fermandomi
Solo per poco
Pochi istanti.
Lui era pronto a
capire ogni cosa, sarebbe stato disposto a seguirmi ovunque avessi deciso di
andare.
Ma io mi liberai
dal suo abbraccio e corsi via verso la scogliera.
Lui capì
immediatamente cosa avevo intenzione di fare.
Mi implorò di
aspettare.
Io mi lanciai
Un tuffo di
centinaia di metri verso il mare.
Arrivai in acqua
con la forza di un siluro.
Immersa nel blu
un blu trasparente
pieno di sfumature
Non ero più sorda
Sentivo i suoni del
mare
Veloce come un
razzo proiettavo intorno a me migliaia di bollicine
Venni circondata
O forse accolta
dai delfini
Nuotavano intorno a
me
Uno si avvicinò
così tanto da costringermi a nuotare con lui
Sembrava una danza
un vortice morbido
Fluido
Senza forzature
Spontaneo
Non so cosa accadde
dopo
Non ricordo più
altro
LA FORTUNA
Entrai per chiedere
un’informazione ma mi pentii immediatamente.
Si trattava di un
vecchio negozio sporco, sembrava abbandonato.
Dalla porta da cui
io ero entrata, e da altre due porte che vedevo sulle pareti di fronte a me
entrava pochissima luce, gli scaffali di legno erano cadenti impolverati e la
merce messa lì chissà da quando.
Neanche qualcuno
con cui parlare.
Un gecko sbucò
all’improvviso, correva sulle pareti con gli occhi fissi su di me.
Io ho sempre amato
i gecki ma quella volta mi impressionai.
Non so perché ma fu
così: ad ogni sua mossa io mi spostavo, sfuggivo.
- Perché hai paura?
- una voce alle mie spalle.
Mi voltai e vidi
che c’era un uomo dietro di me.
Aveva un aspetto
dimesso quasi trasandato: magro anziano, ma forse non quanto sembrava, il
cappello sulla testa la giacca ed i pantaloni erano sgualciti, viso magro con
la barba grigia di un giorno.
Io non seppi
rispondere.
Il gecko si fermò
in alto sulla parete di fronte a me.
- Non è pericoloso
- mi disse l’uomo avvicinandosi - porta fortuna.
Io mi voltai verso
il gecko che mi guardava.
Ci studiavamo, io
non ero del tutto convinta, ma sentivo che niente era veramente pericoloso. Il
gecko non si mosse più: sembrava aspettasse il mio assenso.
Feci un passo in
avanti ed il gecko scese dalla parete per avvicinarsi a me.
M’inginocchiai a
terra ed il gecko salì sulla mia mano.
Ero incantata,
avevo fra le mani un animale magico.
L’uomo che avevo
accanto sorrise.
Il gecko si
trasformò in un brillante e profumato liquido d’oro che avvolse le mie mani per
risalire le braccia, arrivare alle spalle fino a coprire tutta la mia pelle,
che assorbì quel liquido lasciando all’esterno il suo profumo.
Portai le mani
sotto il naso, mi voltai verso l’uomo che mi stava accanto,
ma non c’era
più.
LA RESA
Avevo un amico che
incontravo spesso nel mio percorso.
Viaggiavamo
paralleli, però mai abbastanza vicini, e quando ci avvicinavamo sembrava fosse
automatico dover creare tensione per allontanarci l’uno dall’altra.
Lo incontrai di
nuovo.
Camminava da solo
sul cornicione di un grande palazzo al centro della città.
Lo chiamai per
nome.
Si voltò verso di
me, ma non mi rispose.
Cambiai nome,
continuava a non rispondermi;
si sedette sul
cornicione con le gambe penzolanti nel vuoto e mi sorrise.
Gli diedi
un’infinità di nomi.
Lui continuava a
guardarmi e sorridere.
Si rialzò in piedi
per riprendere a camminare.
- Cosa vogliamo
fare io e te? - gli dissi stanca del suo comportamento - Beh? Dobbiamo
continuare con questa manfrina per molto tempo ancora?
Mi lanciò un libro.
Un libro antico: un
manoscritto.
- Al diavolo i
libri! - brontolai buttando a terra il libro - Non sai parlare? Non hai
pensieri tuoi? Insomma! Sei un cumulo di nozioni! - persi davvero la pazienza -
Cosa vuoi? Guarda che sei stato tu a chiamarmi!
- Non è vero -
finalmente parlò
Mi venne da ridere:
sentire la sua voce mi sorprese e mi fece piacere.
- Allora sai
parlare - gli dissi
- Non essere
superba - continuò serio - io ti ho chiamato perché tu mi hai cercato.
- Perché mi hai
chiamato? - gli chiesi
- E tu perché mi
hai cercato? - mi chiese lui
- Dio Santo! -
esclamai arrabbiata - Sei snervante!
- Non sono tanto
diverso da te.
- Senti: se vuoi
parlare con me vieni qui e parlami guardandomi in faccia!
- Perché non vuoi
leggere il libro che ti ho tirato?
- Non me ne importa
niente dei tuoi libri! - strillai dando un calcio al libro che avevo vicino ai
miei piedi - Ne ho abbastanza di te e delle tuoi silenzi!
Lui saltò giù dal
cornicione atterrando davanti a me.
Mi emozionai nel
vederlo così vicino.
Aveva ragione
eravamo davvero molto molto simili, forse troppo:
sembravamo un’anima
divisa in due.
- Non è vero -
sorrise - mi cercherai ancora.
- Non credo proprio!
- Per quanto mi
riguarda puoi stare tranquilla: io non ti chiamerò più.
Diceva la verità,
il ché non mi piaceva affatto.
- Tu viaggi da
sola, io no - continuò sicuro di sé - tu hai bisogno di me.
- E tu credi che io
sia superflua per te?
Lui sorrise
scuotendo la testa.
- Cosa avrai da
ridere non lo so! - esclamai sempre più indispettita.
Il mio amico mi
guardava divertito, anche io mi misi a ridere e gli chiesi:
- Stiamo andando
nella stessa direzione? - era una domanda, ma ero sicura che infondo eravamo
complici.
- Si - mi rispose
con aria molto seria.
Si chinò a terra
per riprendere il libro che mi offrì con molto garbo:
- Ti prego leggilo
- disse dolcemente
- Lo
leggerò.
Il mio amico svanì
come svaniscono i sogni.
L’ARRIVO
Il freddo era insopportabile.
Me ne stavo seduta
su uno sperone di roccia, sul pendio ripidissimo della montagna, coperta da:
occhiali, passamontagna, giacca, pantaloni, stivali, guanti...
Quasi non esistevo
più.
Avevo lo sguardo
fisso giù, verso la valle.
Un esplosione e
tanto fumo:
- Eccoli! - esclamò
uno dei miei compagni indicando il fumo che copriva la pianura.
Io indifferente
osservavo il fumo muoversi nell’aria.
- Andiamo - mi
disse il mio amico
- No, non vengo -
gli risposi
- Andiamo testona!
- esclamò severo ma con molta ironia.
Afferrò il collo
della mia giacca e mi trascinò via a forza.
Camminammo sulla
cima della montagna, eravamo in cinque tutti così imbacuccati nei vestiti che
trovavo difficoltà a riconoscere i miei compagni l’uno dall’altro.
Io ero ancora incredula,
malgrado tutto li avevo trovati, ci eravamo ritrovati e riconosciuti
finalmente: eravamo tutti insieme.
Il mio Maestro ci
aspettava poco più in là.
Capii
immediatamente che era arrabbiato con me
io ero innamorata e
lui era furioso.
Accadeva sempre
così, sempre nello stesso modo:
si piantava davanti
a me altero, fisso, fermo come una statua e mi guardava dritto negli occhi per
rinfrescarmi la memoria; una volta dovetti urlare e piangere perché lui
credesse che davvero io non lo avevo dimenticato.
Non tollerava
nessuna distrazione, nessun ritardo.
Eppure io ho sempre
eseguito i suoi ordini, sempre seguito ciò che mi indicava,
anche quando
pensavo che non esistesse, o che mi avesse abbandonato.
- Non puoi
rimproverarmi! - gli strillai offesa - Se vuoi che io ti creda tu non mi devi
lasciare mai! Neanche un secondo! Mai! Hai capito?
Da parte sua?
Nessuna risposta,
nessuna parola, sembrava neanche mi ascoltasse:
solo il suo sguardo
tagliente come una lama.
Tornò ad osservare
le montagne; mi sentivo ignorata.
Poi repentinamente
mi tirò verso di sé stringendomi in un abbraccio così forte e dolce che mi
commosse. Pure lui si commosse e mi sorrise anche.
I miei compagni
erano poco distanti da noi:
zitti e rispettosi
aspettavano il suo nuovo ordine.
- Siete arrivati -
disse infine indicando dietro di lui - almeno fino a qua.
Sparì, io ed i miei
amici ci guardammo titubanti, poi la nostra attenzione fu concentrata verso il
punto che ci era stato indicato:
una roccia
bizzarra, una lastra scura che sporgeva.
Un vero e proprio
trampolino che si affacciava verso il vuoto.
Uno ad uno ci
lanciammo e tutti insieme ci ritrovammo fra le nuvole.